Operazione Torch

sbarco alleato in Marocco e Algeria nel 1942, durante la seconda guerra mondiale

L'Operazione Torch fu il nome in codice assegnato dagli Alleati alla imponente operazione di sbarco in Marocco e Algeria effettuata tra l'8 e il 16 novembre 1942 durante la seconda guerra mondiale. L'operazione, particolarmente complicata dal punto di vista politico-diplomatico a causa della fedeltà del Nordafrica francese al regime collaborazionista di Vichy, si concluse con il successo e le truppe anglo-statunitensi, dopo aver raggiunto un accordo con le autorità francesi guidate prima dall'ammiraglio François Darlan e poi dal generale Henri Giraud, vinsero in pochi giorni ogni opposizione agli sbarchi. Le truppe alleate poterono quindi consolidare le loro posizioni e avanzare verso la Tunisia, dove, in concomitanza con l'avanzata dell'8ª Armata britannica che stava inseguendo le truppe dell'Asse in ritirata dalla Libia, accerchiarono e sconfissero definitivamente le truppe italo-tedesche in Nordafrica.

Operazione Torch
parte della campagna del Nordafrica della seconda guerra mondiale
Truppe statunitensi sbarcano presso Orano.
Data8-16 novembre 1942
LuogoMarocco e Algeria
EsitoVittoria Alleata
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
200 000 soldati[1]113 000 soldati[2]
Perdite
1 346 morti
1 997 feriti
526 morti
837 feriti
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L'operazione Torch, guidata dal generale Dwight Eisenhower, vide la partecipazione per la prima volta nell'emisfero occidentale del moderno esercito statunitense e, nonostante l'inesperienza delle truppe e dei generali, raggiunse i suoi obiettivi strategici ed ebbe un'importanza decisiva per la conclusione vittoriosa per gli Alleati della campagna del Nordafrica contro le armate italo-tedesche.

Preparazione e organizzazione

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna del Nordafrica e Secondo fronte.

Nella seconda metà del 1941, Winston Churchill aveva deciso di intensificare l'impegno bellico nel Mar Mediterraneo per provocare un rapido crollo dell'Italia, la potenza più debole dell'Asse; il Primo Ministro aveva pianificato insieme ai suoi generali un intervento dell'esercito britannico nel Nordafrica francese anche senza il consenso del Regime di Vichy per concorrere, in connessione con l'offensiva in preparazione in Libia (operazione Crusader), alla sconfitta dell'esercito italo-tedesco del generale Erwin Rommel e occupare l'intera costa nordafricana. I programmi dello Stato maggiore Imperiale prevedevano quindi un'operazione Acrobat che, dopo la riuscita dell'operazione Crusader, avrebbe dovuto portare l'armata britannica del generale Claude Auchinleck fino a Tripoli, mentre il corpo di spedizione preparato in Gran Bretagna con due divisioni di fanteria e una divisione corazzata, avrebbe effettuato gli sbarchi in Algeria e Marocco, la cosiddetta operazione Gymnast[3].

Ciò venne discusso anche con Iosif Stalin durante l'operazione Bracelet. In questa circostanza, Churchill gli descrisse cosa stavano preparando: l'operazione Torch.[4]

Dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti, a seguito dell'attacco giapponese a Pearl Harbor il 7 dicembre 1941, Churchill si affrettò a recarsi a Washington per incontrare il presidente Franklin Roosevelt e coordinare la pianificazione degli stati maggiori anglo-sassoni. Dopo una serie di colloqui approfonditi tra i dirigenti politico-militari delle due nazioni il 12 gennaio 1942 venne concordato che l'esercito americano, in fase di forte espansione numerica e organizzativa, avrebbe partecipato all'invasione del Nordafrica francese. Le notizie del fronte libico apparivano buone dopo il successo dell'operazione Crusader e la ritirata italo-tedesca dalla Cirenaica, e gli "Stati maggiori combinati" programmarono lo sbarco in Algeria e Marocco per il 15 aprile 1942; l'invasione, ridenominata operazione Super-Gymnast, prevedeva il concorso di tre divisioni britanniche e tre divisioni statunitensi[5].

Il generale Carl Spaatz
L'ammiraglio Andrew Cunningham

L'inattesa controffensiva del generale Rommel in Libia nel gennaio 1942 e la grave sconfitta subita dall'esercito britannico, sconvolsero però completamente l'accurata pianificazione anglo-americana: il generale Auchinleck ripiegò fino alla linea difensiva di Gazala a ovest di Tobruk, l'operazione Acrobat dovette essere abbandonata, e l'operazione Super-Gymnast venne rinviata sine die. Nell'aprile 1942 il generale George Marshall, capo di stato maggiore generale statunitense, e Harry Hopkins, stretto collaboratore del presidente nel settore economico, si recarono in Gran Bretagna per presentare un piano di operazioni globale che prevedeva la rinuncia alla campagna in Nordafrica e la pronta apertura di un secondo fronte in Europa con un grande sbarco anglo-americano in Francia già nel 1942[6].

Churchill e i capi di stato maggiore britannici, in particolare il generale Alan Brooke, non condividevano affatto il piano di operazioni presentato dal generale Marshall; in particolare ritenevano prematuro e rischioso uno sbarco in Europa, essi consideravano invece essenziale impedire una vittoria dell'Asse in Nordafrica. Per molte settimane accese discussioni si svolsero tra i dirigenti anglo-americani, mentre la situazione dell'esercito britannico in Libia diveniva ancora più critica; infine a giugno 1942 durante un nuovo viaggio di Churchill negli Stati Uniti, venne deciso di rinunciare alla cosiddetta operazione Sledgehammer, lo sbarco in Francia, ed anche all'inutile operazione Jupiter, uno sbarco in Norvegia. Il presidente Roosevelt era tuttavia deciso a far entrare in combattimento contro la Germania entro il 1942 le nuove divisioni americane in preparazione per essere trasferite in Gran Bretagna, e quindi gli stati maggiori ritornarono a studiare il progetto di sbarco in Nordafrica. Dopo nuove discussioni, infine i capi anglo-americani conclusero un accordo il 24 luglio 1942 che prevedeva di effettuare l'operazione Super-Gymnast, ridenominata "operazione Torch", entro il 30 ottobre 1942 con il concorso decisivo di truppe americane e sotto il comando di un generale statunitense[7].

Il generale Mark Wayne Clark, vice-comandante dell'operazione Torch
Il generale Walter Bedell Smith, capo di stato maggiore del generale Eisenhower

Il generale Dwight Eisenhower, presente in Gran Bretagna fin dal giugno 1942 con il titolo di responsabile statunitense del teatro europeo, il 27 luglio assunse il comando supremo delle forze alleate assegnate all'operazione Torch mentre il generale Mark Clark divenne il vice-comandante e il generale Walter Bedell Smith il capo di stato maggiore; le componenti aeree e navali assegnate all'invasione del Nordafrica francese erano guidate dal generale statunitense Carl Spaatz e dall'ammiraglio britannico Andrew Cunningham[8]. Era previsto di raggruppare tutti reparti terrestri anglo-americani impegnati nell'operazione Torch sotto il controllo della 1ª Armata britannica di cui agli inizi di agosto 1942 prese il comando il generale Harold Alexander ma i disastrosi sviluppi della campagna nel deserto occidentale provocarono una serie di variazioni della catena di comando. Winston Churchill infatti aveva deciso di sostituire al comando del teatro del Medio Oriente il generale Claude Auchinleck e, dopo il rifiuto del generale Alan Brooke ad assumere l'incarico, fu designato proprio il generale Harold Alexander che quindi venne sostituito al comando della 1ª Armata dal generale Bernard Montgomery. Dopo poche ore, tuttavia, il generale Montgomery venne a sua volta trasferito al comando dell'8ª Armata in Egitto a causa della morte in un incidente aereo del comandante designato, generale William Gott; quindi alla 1ª Armata venne assegnato il terzo comandante in pochi giorni: il generale Kenneth Anderson[9].

L'operazione Torch prevedeva di effettuare un grande sbarco sul territorio nordafricano, che era ufficialmente soggetto alla Francia di Vichy del maresciallo Philippe Pétain, che non era belligerante e manteneva, soprattutto dopo l'assunzione del potere di Pierre Laval, un atteggiamento sostanzialmente favorevole alle potenze dell'Asse. L'esercito francese stanziato nel Nordafrica, la cosiddetta Armée d'Afrique, comandato dal generale Alphonse Juin, era carente di armamenti moderni, ma era numeroso e costituito da reparti ancora efficienti e combattivi. I dirigenti anglo-americani quindi ritennero essenziale ricercare una collaborazione da parte delle autorità francesi sul posto per evitare un'opposizione armata allo sbarco[1]. Dopo i violenti contrasti e i combattimenti svoltesi negli anni precedenti tra truppe francesi fedeli al regime di Vichy e reparti della cosiddetta Francia libera, i capi anglosassoni, in particolare il presidente Roosevelt, decisero di escludere completamente da questi tentativi di ricercare una collaborazione francese il generale Charles de Gaulle, che venne tenuto all'oscuro dei progetti in corso. I sondaggi tra le autorità francesi in Nordafrica vennero effettuati soprattutto da Robert Daniel Murphy, console generale statunitense a Algeri, con la partecipazione degli undici viceconsoli americani accreditati sul posto che svolgevano anche un'importante attività di spionaggio. L'abile Murphy riuscì ad entrare in contatto ed ottenere la collaborazione di alcuni importanti dirigenti francesi in Nordafrica favorevoli agli Alleati, come i generali Mast, de Monsabert e Béthouart, e funzionari come Lemaigre-Dubreil e d'Astier de la Vigerie[10].

Mentre si sviluppava l'attività dei congiurati in Nordafrica, i dirigenti anglo-americani erano alla ricerca di un'alta personalità francese che potesse assumere la direzione politica e assicurare l'adesione delle colonie alla causa alleata. Il maresciallo Petain aveva manifestato da tempo all'ammiraglio William D. Leahy, rappresentante a Vichy del presidente Roosevelt, la sua netta ostilità ad interventi americani, mentre il generale Maxime Weygand rifiutò di assumere questa responsabilità; in Marocco c'era l'energico residente generale Charles Noguès che però, sondato da Murphy, avvertì che in caso di sbarchi americani avrebbe opposto resistenza[11]. La clamorosa fuga dalla prigione di Königstein del generale Henri Giraud diede la possibilità al nuovo incaricato d'affari statunitense a Vichy, Pinckney Tuck, di avvicinare il prestigioso ufficiale e di proporgli di assumere la guida del movimento in Nordafrica; il generale Giraud accettò l'incarico ma richiese espressamente di assumere il comando in capo di tutte le forze alleate dopo lo sbarco sulle coste; sembra che gli americani e lo stesso Murphy diedero alcune assicurazioni in questo senso al generale per favorirne l'adesione alla causa alleata[12].

Il piano prevedeva tre sbarchi: uno a Casablanca, in Marocco, denominato operazione Villain; uno ad Algeri, denominato operazione Terminal e l'ultimo a Orano, in Algeria, denominato operazione Reservist; gli sbarchi dovevano essere effettuati da parte di forze miste anglo-americane.

Lo sbarco

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Truppe americane a bordo di un Landing Craft Assault diretto a Orano, novembre 1942

Gli sbarchi in Marocco furono affidati al generale statunitense George Patton, che divise le sue forze in tre parti: il fianco sinistro, a nord, doveva sbarcare a Port Lyautey, mentre il centro avrebbe preso terra a Fedala 18 km a nord di Casablanca, per ricongiungersi con le forze che costituivano il fianco meridionale della forza da sbarco, sbarcate frattanto a Safi, più a sud. L'8 novembre 1942 le forze americane misero piede in Marocco, e a Port Lyautey iniziarono subito i problemi: i mezzi da sbarco furono investiti dal fuoco delle postazioni di mitragliatrici francesi sulla spiaggia, ma le truppe statunitensi riuscirono ad aver ragione di questa opposizione e a conquistare una testa di ponte. Ma non era finita qui; anche l'aviazione transalpina fece la sua parte, con continui mitragliamenti alle inermi truppe americane prive di armi contraeree (che dovevano ancora essere sbarcate).

Il generale George Patton
Il generale Lloyd Fredendall
Il generale Charles W. Ryder

Intanto a sud, il corpo centrale stava raggiungendo i pressi di Casablanca, a poca distanza dal fianco destro, ma anche qui sorse una grande difficoltà, la corazzata francese Jean Bart, ormeggiata nel porto di Casablanca e armata con potenti cannoni da 381 mm, aprì il fuoco sulle imbarcazioni americane, e prontamente le rispose la corazzata statunitense USS Massachusetts. Anche le forze di terra al servizio di Vichy non fecero attendere la loro reazione, che fu tuttavia piuttosto blanda ed inefficace. Una volta che la Jean Bart fu messa a tacere, le truppe americane poterono finalmente prendere terra e iniziare la loro marcia di avvicinamento a Casablanca.

A Safi, nel frattempo, le forze americane erano sbarcate, ma dovettero subire un contrattacco da parte di un distaccamento corazzato francese, forte di diversi carri Renault R35, a cui si oppose un piccolo contingente di carri leggeri M5 Stuart americani. I carri statunitensi ressero bene il colpo, ma dopo un po' cominciarono a cedere sotto la superiorità numerica francese. Ma intervenne il tiro delle unità navali ancorate presso la zona dei combattimenti, che fece a pezzi la maggior parte dei mezzi nemici e costrinse i superstiti a ritirarsi.

Ma i combattimenti più duri si ebbero ancora a Port Lyautey, dove i francesi si erano asserragliati in una kasbah portoghese, una fortezza cinquecentesca situata in posizione strategica e facilmente difendibile dai 500 uomini che ne costituivano la guarnigione. Il primo assalto americano, eseguito da reparti di fanteria, venne duramente respinto, e pertanto il comandante statunitense chiese l'invio di un obice semovente da 105 mm M7 Priest per bombardare la porta del forte e permettere alle sue truppe di entrarvi. Il semovente effettivamente arrivò, ma non poté nulla contro l'incredibile robustezza della porta che, seppur costruita nel Cinquecento per resistere ai rudimentali cannoni dell'epoca, riusciva a non cedere neanche sotto i colpi di un moderno obice del 1942. Ancora una volta la situazione fu risolta grazie ad un bombardiere, che sganciò il suo carico sulle mura, sbrecciandole e consentendo il passaggio alle truppe americane, che poterono così conquistare il forte e l'importantissimo campo d'aviazione situato a 3 km di distanza.

D'altra parte, a Orano, e a Casablanca, il generale residente Noguès, e il vice ammiraglio Michelier, fedele a Vichy, opposero una resistenza eroica e inutile che provocò 1.346 morti francesi e 2.000 feriti da un lato e 479 morti americani e 720 feriti. Superate le opposizioni, Patton fece convergere le proprie forze su Casablanca, conquistata l'11 novembre, successo condiviso con quello degli altri due sbarchi.[13]

La campagna successiva

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Consolidata la testa di ponte, le forze alleate si diressero ad est, ma a questo punto il feldmaresciallo Rommel, comandante delle truppe dell'Asse in Nordafrica, doveva reagire per non vedersi tagliate le linee di rifornimento; pertanto, mentre Hitler faceva occupare la Tunisia con nuove truppe inviate dal continente e poste al comando del generale Hans-Jürgen von Arnim, il feldmaresciallo si ritirò nel ridotto del Mareth, facilmente difendibile anche con poche truppe, peraltro in maggioranza veterani dell'Afrika Korps e delle divisioni italiane superstiti dalla battaglia di El Alamein. Lì l'avanzata alleata venne contrastata efficacemente, anche con alcune vittorie contro le forze americane avanzanti, la cui inesperienza venne duramente messa in risalto nelle battaglie di Sidi Bou Zid e di Kasserine, ma infine la pressione alleata non poté essere più contrastata, e la sacca si restrinse sempre di più. Rommel fu richiamato infine in Germania da Hitler in persona, e sostituito al comando dal generale Hans-Jürgen von Arnim, fino alla resa finale del 13 maggio 1943.

  1. ^ a b Cartier, vol. 2, p. 46.
  2. ^ Cartier, vol. 2, p. 50.
  3. ^ Bauer, vol. III, pp. 286-287.
  4. ^ (EN) Martin Kitchen, British Policy Towards the Soviet Union during the Second World War, Springer, 1986.
  5. ^ Bauer, vol. IV, pp. 32-33.
  6. ^ Bauer, vol. IV, pp. 176-178.
  7. ^ Bauer, vol. IV, pp. 182-186.
  8. ^ Bauer, vol. IV, pp. 237-238.
  9. ^ Bauer, vol. IV, pp. 201-202.
  10. ^ Cartier, vol. 2, pp. 46-48.
  11. ^ Cartier, vol. 2, p. 48.
  12. ^ Cartier, vol. 2, pp. 49-50 e 59.
  13. ^ Dal documentario di History Channel La guerra del generale Patton (Vedi) Archiviato il 24 novembre 2010 in Internet Archive.

Bibliografia

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  • Rick Atkinson, Un esercito all'alba. La guerra in Nordafrica 1942-1943, Milano, Mondadori, 2003 [2002], ISBN 88-04-51235-0.
  • Eddy Bauer, Storia controversa della seconda guerra mondiale, Novara, De Agostini, 1971.
  • Raymond Cartier, La seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 2014 [1968], ISBN 978-88-04-64374-6.
  • Martin Gilbert, La grande storia della seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 2003 [1989], ISBN 88-04-51434-5.
  • Robert D. Paxton, Vichy 1940-1944. Il regime del disonore, Milano, il Saggiatore, 2002 [1972], ISBN 88-515-2006-2.

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